lunedì 30 settembre 2013

L’Io ci fa ammalare, il Sé ci guarisce: Percorso di Autoconoscenza tra Biologia, Psiche, Coscienza

di Maria Consiglia Santillo

“Conosci Te Stesso, e conoscerai l’Universo e gli Dei”
(Oracolo d’Apollo, inciso sul frontone del tempio di Delfi)

L’oracolo d’Apollo, inciso sul frontone del Tempio di Delfi, esprime il principio dell’ologramma: ogni aspetto della nostra vita è  espressione della stessa ed unica “realtà non separabile”.

Tale principio è espresso anche dal termine Svādhyāya, utilizzato da Patanjali nel Sistema Filosofico Yoga per designare lo ‘studio di sé’ che conduce alla ‘conoscenza del Sé’ da cui origina la presa di coscienza dello stato di ‘unione’ con l’Uno-Tutto. Ciò avviene attraverso un processo di costante  osservazione e studio della propria realtà interna che conduce alla ‘conoscenza delle varie dimensioni di sé’ la quale deve poi lasciare il posto ad un ‘altro piano di comprensione’  che consente l’accesso alla ‘conoscenza del Sé’ e dell’Uno-Tutto di cui il Sé è espressione.

Quali sono le dimensioni da esplorare attraverso il processo di conoscenza di sé? Per rispondere a questa domanda è necessario fare riferimento alla nostra storia evolutiva. Noi siamo innanzitutto una ‘forma di vita sul pianeta terra’: ciò determina la nostra dimensione biologica. Tale dimensione è, infatti, regolata dalle stesse leggi che regolano tutte le altre forme di vita e definisce il nostro ‘biotipo’. Tra tutte le forme di vita noi costituiamo gli ‘esseri umani’, esseri umani appartenenti ad una determinata ‘cultura’: questo aspetto determina la nostra dimensione antropologica e definisce il nostro ‘antropotipo’. Oltre ad appartenere ad una determinata cultura, in quanto esseri umani facciamo parte di una specifica famiglia: tale appartenenza determina la nostra dimensione genealogica definendo il nostro ‘genotipo’. All’interno della dimensione familiare esistiamo come singoli individui con la nostra storia personale che determina la nostra dimensione individuale definendo il nostro ‘fenotipo’.

Il nostro inconscio contiene, quindi, una dimensione ‘biologica’, una dimensione ‘antropologica’, una dimensione ‘genealogica’ e una dimensione ‘psicologica’.

Dimensione Biologica

Il nostro cervello trova origine direttamente nella nostra appartenenza ai diversi regni evolutivi: Minerale, Vegetale, Animale, Umano. La nostra ‘biologia’ è soprattutto ‘animale’. Il ‘cervello’, in quanto biologico, è, quindi, ‘animale’ e si esprime ‘nell’Inconscio Cellulare’.

Il  ‘Cervello Biologico’ ha una capacità di analisi enorme ed è efficace nel creare connessioni tra milioni di informazioni. E’ pero incapace di distinguere tra loro Reale, Immaginario, Virtuale, Simbolico. Tutte le nostre ‘malattie’ provengono da questa interpretazione. Tale dimensione è stata esplorata e definita con chiarezza da Hamer.

La Nuova Medicina di Hamer si fonda su due pilastri: 
Il riconoscimento, su basi scientifiche, della PSICHE nella ricerca della causa delle malattie. La chiave di comprensione si trova nel modello Psiche-Cervello-Organo che spiega l’esatto collegamento tra ‘Conflitto Biologico’ e ‘Malattia’.
Una ridefinizione in senso biologico della ‘Malattia’ interpretata non più come un ‘Errore della Natura’ ma come uno specifico ‘Programma Biologico’, come un processo con una specifica ‘Finalità e Senso Biologico’.
Tali intuizioni nascono dallo studio comparato tra ‘embriologia’ e ‘filogenesi’. Ciò che Hamer rilevo è che le fasi dello sviluppo embrionale ricalcano perfettamente quelle della evoluzione filogenetica.
 
Il termine ‘conflitto biologico’ utilizzato da Hamer può creare qualche confusione perché il conflitto è, di fatto, ‘psichico’: biologico è il contenuto del conflitto. Preferisco, quindi, parlare di ‘conflitto psichico a specificità biologica’, distinguendolo dal ‘conflitto psichico a specificità mentale’. Il ‘conflitto psichico a specificità biologica’ è un conflitto psichico che ha per oggetto contenuti che riguardano le ‘finalità evolutive dei foglietti embrionali’. Tali conflitti sono già ‘programmati’ nella nostra biologia. Il ‘conflitto psichico a specificità mentale’ è, invece,  un ‘conflitto psichico’ che ha per oggetto contenuti che riguardano gli ‘obiettivi della mente’. Essi si formano nel corso dell’esistenza individuale.

Perché un conflitto possa innescare un processo che culmina nella patologia organica, deve avere le caratteristiche di uno Shock Conflittuale a specificità Biologica; Estremamente Grave, Acuto, Drammatico; Inaspettato e vissuto in uno stato di Isolamento; per il quale non si riesce a trovare la Soluzione a nessun livello. Secondo Hamer alla base di una DHS c’è sempre un Conflitto Programmante, dello stesso tipo di quello scatenante (DHS), avvenuto in precedenza che non ha innescato la malattia ma, possiamo dire, ha messo in memoria il conflitto.

sabato 28 settembre 2013

Il Più Grande Crimine della storia.

Conobbi Antonio in un corridoio del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano nel 2000. Abruzzese, settantadue anni, assisteva la moglie morente che aveva accettato un’ultima chemioterapia azzardatissima. Antonio parlava con voce afona ma non monocorde, anzi, ti portava con lui nel racconto, noi stavamo seduti su una panca, i suoi gomiti appoggiati sulle ginocchia, la testa bassa che solo di rado si girava per guardarmi. Era stato un bell'uomo, io non vidi mai la sua sposa. Ricordo bene tre momenti di quello scambio. Lui aveva mille volte pregato la moglie di non andare a lavorare, per i figli soprattutto, ma a pensarci oggi, diceva, era una premonizione la sua. La donna infatti accettò un posto da operaia in un capannone che assemblava, tagliandoli, dei lastroni pensanti. Amianto. Ma era il 1971, chi lo sapeva? Se solo lei l’avesse ascoltato, mi disse Antonio, ma lei sognava il boom economico, non avevano la lavatrice in casa, i bambini non vestivano come gli altri a scuola, ci voleva quello stipendio in più, era quel sogno, capite? La seconda cosa che mi è rimasta fu la descrizione di come lui, operaio a Torino, affittava un posto letto assieme ad altri due, un unico posto letto, perché uno ci dormiva la mattina, l’altro il pomeriggio, e l’ultimo la notte, a seconda dei turni. Spesso uno dei tre doveva stare sveglio per forza. La terza cosa: è un grido sordo ma tremendo che sentivo dentro, che mi scuoteva la testa, perché non è giusto, perché è ignobile che un sogno così modesto e legittimo si debba pagare con la vita e con così tanta sofferenza. Non solo quella di oggi, ma anche quella di allora, cioè tutti quei giorni unici e irripetibili in cui quei due innamorati furono costretti a sentirsi da una cabina telefonica se andava bene, e dove ciascuno la notte dormiva solo, mai un bacio, mai far l’amore, mai quella voce lì accanto pronta a sorreggerti quando c’era bisogno. E quei bambini senza padre, che dovevano fare i conti persino con le merende. Quei bimbi che futuro hanno avuto in quelle condizioni? Sono milioni, furono milioni. In Italia, in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, ovunque, anche nel mondo ricco. 

La donna di Cockfosters, a Londra, che raccolsi in mezzo alla strada lungo la Mount Pleasant perché stava collassando dal pianto, metà volto tumefatto dai pugni di qualcuno. L’accompagnai in banca, e dovetti assistere alla scena forse più straziante che ricordi in tempo di pace. Lei che supplicava un semplice cassiere di estenderle lo scoperto del conto. Lui in imbarazzo sotto i singhiozzi di lei sempre più insopportabili da udire. La fecero scortare fuori. Il marito disoccupato da tre anni e alcolizzato la picchiava. Lei ora doveva tornare da lui. Balbettai di rivolgersi ai servizi sociali... stolto, erano gli anni di Margaret Thatcher, i servizi languivano dalla fame essi stessi. Immaginare cosa sarebbe stato per lei rientrare in casa mi era disgustoso; offrii di accompagnarla, mi disse che era inutile, tanto poche ore dopo sarebbe comunque accaduto. “Abito qui al 119, se hai bisogno vieni a bussare”, aggiunsi io a quel punto, il suo appartamento nelle Council Houses pubbliche era a pochi passi, ma nell'anima sperai con tutto me stesso che non accadesse mai. Chi attende con animo disinvolto la visione dell’orrore? Non so che fine abbia fatto.
Sono milioni, furono milioni. Vissero così e vivono oggi così non per destino di natura, ma per una decisione presa a tavolino da coloro che fra poco conoscerete. Dovevano soffrire, devono soffrire, a milioni, perché dovevano vivere nel bisogno, nella carenza istituzionalizzata, dovevano lavorare come schiavi, avvelenarsi il vivere e consumarsi nell'invidia dei privilegiati. Poi morire. Così li avrebbero neutralizzati. Fosse anche per le poche vite citate qui sopra, i mandanti di un simile crimine, nella realtà esteso a tutto il mondo occidentale, dovrebbero essere processati in una nuova Norimberga. Ma ciò che hanno ordito è persino peggiore di quanto vi ho appena accennato. E’ di sicuro il Più Grande Crimine dal dopoguerra a oggi in Occidente.

 Dal nostro Amico e Collaboratore Morbertos

giovedì 26 settembre 2013

Lo studio choc: fotografata l'anima

L’esatto momento in cui l’anima lascia il corpo sembra essere stato catturato dallo scienziato russo Konstantin Korotkov, direttore del Research Institute of Physical Culture di San Pietroburgo, che avrebbe fotografato una persona con un dispositivo bioelettrografico nel momento esatto in cui è deceduta. Korotkov ha scattato la foto con la tecnica Kirlian: il metodo, adottato dal Ministero della Salute russo ed utilizzato da oltre 300 medici in tutto il mondo come forma di monitoraggio per malattie come il cancro, è stato perfezionato da Korotkov con tecnica GDV (Gas Discharge Visualization) che ha poi applicato su una persona in punto di morte.


L’alone azzurro nell’immagine a sinistra rappresenta il momento in cui, secondo lo scienziato, l’anima sta abbandonando il corpo che, una volta spirato il soggetto, diviene rosso. Secondo Korotkov, l’ombelico e la testa sono le parti che per prime perdono la loro forza (cioè l’anima) mentre l’inguine ed il cuore sono le aree che vengono abbandonate per ultime. Lo scienziato ha affermato che le immagini da lui ottenute dimostrerebbero che l’anima ritorna più volte nel corpo, specie in caso di morte violenta o improvvisa, come se manifestasse uno stato confusionale e ritornasse nel corpo nei giorni seguenti alla morte: lo scienziato ascrive il fenomeno ad energia non utilizzata che è contenuta nell’anima. Per Korotkov più la morte è improvvisa e non naturale, più l’anima, rappresentata dalle onde elettromagnetiche fosforescenti, resta a lungo vicino al corpo, quasi stentasse ad accettare l’improvvisa separazione.
Per Korotkov, la tecnica potrebbe essere utilizzata per monitorare tutti i tipi di squilibri biofisici, per le diagnosi in tempo reale ed anche per svelare se una persona possiede poteri psichici o meno.

Fonte: meteoweb.eu

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Non è la via del Paradiso, ma una reazione chimica: è stata fotografata la luce che si emette (e che si vede) nel momento del trapasso. Secondo uno studio condotto dall’Institute of Health Ageing dell’University College di Londra nel momento della morte all’interno del corpo si innesca una reazione chimica che rompe i componenti cellulari ed emana un’onda fluorescente blu da cellula a cellula. Lo studio sconvolgente (pubblicato sul sito vitadidonna.com) è stato condotto dal professor David Gems sui vermi che hanno meccanismi pressoché identici a quelli dei mammiferi. Gems conferma: “Abbiamo identificato un percorso chimico di autodistruzione che si propaga con la morte cellulare nei vermi, che vediamo come questa incandescente fluorescenza blu in viaggio attraverso il corpo. E ‘come un cupo mietitore blu, si monitorizza come la morte si diffonda in tutto l’organismo fino all’ultimo atto.”
In un primo momento si era attribuita questa fluorescenza ad una sostanza chiamata lipofuscina, che emette una luce bluastra e si accumula negli organismi con l’avanzare dell’età. Durante lo studio però si è scoperto come un’altra molecola chiamata acido antranilico sia implicata nella produzione di questa onda blu. I ricercatori dell’equipe hanno poi bloccato questo percorso, ponendo le basi per uno studio su come ritardare la morte indotta da uno stress come le infezioni. Il professor Gems conclude: “I risultati mettono in dubbio che l’invecchiamento è una semplice conseguenza di un accumulo del danno molecolare. Adesso bisogna concentrarsi sugli eventi biologici che si verificano durante l’invecchiamento e la morte per comprendere correttamente come potremo essere in grado di interromperli”.


http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/lo-studio-choc-ecco-che-cosa-si-vede-nel-momento-del-trapasso.html?refresh_ce 




 

lunedì 23 settembre 2013

Problema dell'ACNE risolto con il trattamento “Geli D'Mora”, ...ma la causa?


Uomo prima e dopo il trattamento

L'acne è un problema che affligge molti giovani creando loro dei veri disagi psicologici, con questo articolo ho voluto raccontare la mia storia realmente vissuta, dove ho trovato la soluzione grazie ad un particolare trattamento.
Andando alla ricerca della causa constatiamo che la medicina cosiddetta “ufficiale” non da nessuna indicazione certa, di contro grazie alla conoscenza delle 5 leggi biologiche scoperte dal Dr. R.G. Hamer ho trovato una risposta scientifica al problema che dimostra la correlazione tra psiche, cervello e organo.

(3 casi diversi)
Avevo 15 anni quando iniziai a soffrire di acne, all'inizio era solo qualche bollicina ma poi ben presto il viso e spalle si riempirono di brufoli e pustole, con inevitabili risvolti psicologici nel vedermi la faccia in quelle condizioni.
Dovevo trovare una soluzione, iniziai usando il famoso sapone Topexan, provai poi varie creme, ma senza alcun risultato, consultai un paio di dermatologi i quali mi dissero che con l'arrivo dell'estate il problema sarebbe andato verso una soluzione grazie all'aiuto del sole e senza darmi una cura in particolare.
Il problema rimaneva, ma non mi arresi, andai all'IDI il famoso Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma, ma anche li non seppero darmi una cura efficace, ero deciso a provarle tutte, provai con l'agopuntura, diventai addirittura vegetariano per un certo periodo, ma niente da fare!
Ero arrivato a 18 anni e volevo uscire a tutti i costi da quel «tunnel», chiesi allora ai miei genitori di portarmi da un endocrinologo di cui avevo visto una pubblicità nella quale diceva di curare l'acne, in tre mesi di cura mio padre spese due stipendi, considerando che era l'unico che portava a casa i soldi e visto che il trattamento non funzionava decisi di interrompere. Quest'ultimo trattamento prevedeva anche l'uso di medicinali insieme ad un trattamento estetico con pulizie del viso, niente da fare, addirittura mi aveva peggiorato la situazione al punto che la pelle da grassa era diventata secca e i brufoli erano sempre lì!

Iniziai a lavorare e percepito il primo stipendio mi rimisi alla ricerca della soluzione. Mi capitò di leggere una pubblicità su un elenco telefonico che diceva: «La soluzione definitiva al problema dell'acne con il trattamento Geli d'Mora», malgrado il mio scetticismo dovuto ai tanti insuccessi decisi almeno di fare una telefonata, mi rispose una gentile signora di nome Franca la quale mi disse che se fossi andato presso il suo centro avrei avuto una consulenza non impegnativa e soprattutto gratuita, per me cosa strana dopo tanto girovagare per studi medici e quasi sempre a pagamento.
Il giorno dopo mi presentai da lei, Franca era la titolare del centro estetico e mi fece vedere le foto dei numerosi casi che aveva trattato, immagini di visi prima e dopo il trattamento (naturalmente guariti), mi disse che il risultato era garantito e che se non mi avesse ridato una pelle perfetta mi avrebbe restituito i soldi spesi. Non ci volevo credere, ci doveva essere qualcosa di strano ma decisi di provare.
Con i miei soldi iniziai la cura, che sarebbe durata sei mesi, si trattava di pulizie viso con l'utilizzo di prodotti della Geli e peeling, inoltre dovevo acquistare gli stessi prodotti per la cura della pelle da usare a casa, quali: latte detergente, tonico, protezione giorno, crema notte, cipria di riso e maschera all'azulene tutti prodotti messi a punto dalla Geli d'Mora.
Al primo appuntamento fui sottoposto ad una pulizia profonda del viso con “strizzatura” così chiamavano la spremitura dei brufoli per farne uscire pus e sebo; quel giorno uscii dal centro estetico con il viso massacrato, ma il mattino seguente al risveglio ebbi una piacevole sorpresa, il mio viso non era più rosso come prima dell'inizio della cura, il rossore della pelle e dei brufoli si era attenuato, non è possibile mi dissi!....e invece si, da li a un mese ci furono dei progressi straordinari, in tre mesi il mio viso era tornato pulito, mi sentivo sereno ormai.
Alla fine del sesto mese mi fece la famosa fotografia che mettendola a confronto con quella fatta prima di iniziare la cura testimoniava il successo del trattamento, per me fu come aver raggiunto una meta impossibile; c'è da dire comunque che ho dovuto proseguire con una sorta di mantenimento ancora per molti mesi, andando ogni tanto a farmi le pulizie e continuando ad usare i prodotti fino a che il viso non è tornato alla sua totale normalità.
Di questo risultato devo ringraziare soprattutto chi ha brevettato questo trattamento, una donna spagnola che utilizzando componenti naturali quali piante, fiori e terre usate dagli sciamani delle foreste amazzoniche, ha messo a punto una cura tanto miracolosa quanto sconosciuta alla medicina ufficiale.


La causa dell'acne secondo la medicina ufficiale
La vera causa dell'acne è sconosciuta alla medicina ufficiale e di questo ne ho avuto conferma dalla mia esperienza, dermatologi ed endocrinologi mi hanno formulato solo delle ipotesi tipo problemi ormonali, alimentari, stress e quant'altro, ma nulla di scientificamente certo.
Ammetto che la cura da me fatta non cura la causa ma soltanto il sintomo, ma già riavere una pelle perfetta non è cosa da poco , considerando il disagio che questa “patologia” crea e che forme importanti di acne possono portare a cicatrici permanenti. Aggiungo per dovere di cronaca che la mia pelle è rimasta sempre grassa (seborroica) dall'inizio del problema fino alla completa soluzione della causa avvenuta naturalmente qualche anno dopo la cura.

La causa dal punto di vista della Nuova Medicina Germanica
Come detto sopra la medicina cosiddetta “ufficiale” formula soltanto delle ipotesi e giudica tutti i problemi che ci affliggono come anomalie del corpo, etichettando madre natura come imperfetta, ma questo solo perchè non si conoscono i “meccanismi” reali che ci sono dietro queste manifestazioni.
Con la NMG abbiamo la comprensione di tutto questo e ci rendiamo conto che tutto ciò è biologicamente sensato e riproducibile al 100%.
In quel periodo non conoscevo la Nuova Medicina Germanica anche se intuivo il coinvolgimento della psiche in quelle alterazioni, ad oggi posso dire che a scatenare il problema è stato certamente un trauma psichico (DHS) tenuto vivo per alcuni anni.
Analizzando il problema da questo punto di vista, tralasciando la parte riguardante la filogenesi embrionale avvenuta nel corso di milioni di anni, vado ad analizzare il foglietto embrionale coinvolto in questo caso specifico il mesoderma.
A seconda di come viene percepita psichicamente la DHS può essere coinvolto il derma appartenente al mesoderma antico oppure il tessuto connettivo facente parte del mesoderma recente, nella medicina accademica non esiste questa distinzione, è stata fatta da Hamer in base al periodo di formazione degli organi nel corso della nostra evoluzione partendo dalla forma ad anello dei nostri antichi predecessori.
Nel caso specifico il derma (mesoderma antico), trova il suo scopo di esistere nella protezione degli organi interni da tutte le avversità del mondo esterno.
In fase di conflitto attivo vi è un a proliferazione cellulare al fine di inspessire il derma per aumentare la protezione fisica ed emozionale di fronte all'attacco subìto, anche se l'attacco è solo verbale il cervello lo può interpretare come un attacco contro la nostra integrità fisica.
Una volta risolto il conflitto, cioè non soffrendo più il problema non vi è più la necessità di avere una protezione maggiore, a quel punto il cervello inverte l'ordine di proliferazione cellulare facendo si che le cellule create in eccesso vengano distrutte per caseosi mediante l'azione dei micobatteri, processo che causa i piccoli ascessi che solitamente noi schiacciamo.
Nel mio caso, le due fasi si ripeterono per alcuni anni di continuo, provocando così continue recidive facendo si che la pelle rimanesse in quello stato fino alla soluzione vera del problema.
Dalla mia esperienza diretta posso confermare quanto enunciato dal Dr. Hamer: “piccolo conflitto di insudiciamento del volto” e aggiungerei anche la componente “svalutativa”, inoltre recidivante. Questo conflitto iniziato proprio nel primo anno delle scuole superiori grazie a battute tra compagni di classe, i quali andavano giù pesanti su miei “difetti” fisici, dalle quali accusavo particolarmente il colpo quando erano riferite mio naso, hanno fatto si che il mio cervello a fasi alterne intervenisse per proteggere l'integrità del mio viso ordinando un inspessimento del derma.
Importante è il concetto di conflitto in recidiva, vivevo dei periodi di conflitto attivo nei quali soffrivo il problema ad altri in cui non lo vivevo, inoltre un'altra recidiva era conseguente al fatto di avere un viso deturpato dai brufoli, tutto ciò faceva si che a causa di queste fasi alterne (conflitto attivo/soluzione) si generassero in continuazione i brufoli.
Con l'inizio di un rapporto stabile, il disagio psicologico grazie ad una maggiore sicurezza in me stesso è andato via via esaurendosi accompagnando la pelle verso la normalità, peraltro avvenuta qualche anno dopo la fine della cura Geli.
C'è la convinzione da parte di molti che il problema si risolve con l'inizio dell'attività sessuale, dalla mia personale esperienza posso affermare che non è così, è invece una maggiore sicurezza in se stessi con conseguente calo di attenzione per i difetti fisici fino al punto di non vivere più il problema mi ha riportato alla normalità, di riflesso direi che i rapporti sessuali sono solo una concomitanza e semmai contribuiscono a renderci più forti a livello psicologico.
Devo ammettere che in quel periodo anche se avessi avuto la conoscenza delle 5 leggi biologiche sarebbe stato comunque molto difficile riuscire a risolvere il problema.

Conclusioni
La bellezza delle scoperte di Hamer sta proprio nel fatto che possiamo verificarne su noi stessi la veridicità, questo consente soprattutto a chi è alle prese con problemi ben più gravi di avere un approccio diverso con la “malattia”, ma l'aspetto più importante è il non aver più paura, cosa fondamentale per casi di tumore e non solo.

Un caro saluto a tutti i sostenitori del blog.
pierluigi




Per informazioni sulla cura Geli d'Mora:
http://www.esteticagelidemora.es/es/

Foto tratte dal sito: http://www.gelidemora.com/


 

domenica 22 settembre 2013

Nascere a casa si puo'


Forse non tutti sanno che nel 2013 e da tempo, nel nostro paese (e probabilmente anche all'estero), e' possibile far nascere i propri figli in casa come si faceva una volta e in estrema sicurezza. Come? Molto semplice: rivolgendosi ad un'associazione di ostetriche che offrono assistenza qualificata su tutto il territorio italiano. E per chi non ha possibilita' di vivere il lieto evento in casa propria, esistono anche le cosiddette case maternita'
Per quale motivo una donna dovrebbe scegliere di non partorire in ospedale? Le ragioni possono essere molteplici: innanzitutto, bisogna tenere a mente che il parto non e' malattia, bensi' un evento naturale; quindi, non deve essere necessariamente ospedalizzato, come ginecologi e altri medici vogliono farci credere. In questo modo, nessun medico chiedera' a vostro marito di "pagargli" 500 euro per il rimborso dell'epidurale, dal momento che sua moglie non ne vuole usufruire (come e' accaduto ad un mio conoscente).  Non solo: le partorienti non saranno minacciate con pressioni psicologiche del tipo: "Se non facciamo un cesareo ora, dovremo farne uno di emergenza tra qualche ora...". E questo soltanto perche' non hanno tempo da perdere, con tutti i parti che ci sono da seguire (?!)... E cosi' tutte le donne si sottopongono all'epidurale per non soffrire (e perche' la ASL rimborsa il medico) e il numero dei cesarei e' misteriosamente e vertiginosamente aumentato. Cosi' le neomamme, oltre al lieto evento, devono combattere con i postumi di una vera e propria operazione. 
Non parliamo poi del trattamento riservato al neonato: nasce al freddo, trascorre qualche minuto con la mamma e subito al lavaggio e a controllo, per poi rivedere mamma almeno una mezzora dopo. Che freddezza per una nuova vita che viene al mondo! 
Ovviamente, non si stanno considerando le cliniche private, nelle quali il trattamento e' migliore, piu' personalizzato e piu' raccolto rispetto ad un ospedale. Ma non tutti possono permetterselo, mentre il costo di una nascita in casa e' di circa 2000 euro e viene rimborsato dalla ASL (o almeno dovrebbe, informatevi!). 
E' una scelta controcorrente, visti i tempi che corrono, ma del resto perche' non informarsi in merito a questa possibilita'? E perche' non fermarsi a pensare per un momento che si puo' sempre scegliere una via diversa dal solito e piu' congeniale ai bisogni dei nuovi genitori e dei nascituri? Accarezzare vostro figlio appena nato sul vostro letto insieme a vostro marito...
Pensateci: i vostri genitori e i vostri nonni dove sono nati?


Giuliana Sclerosette

venerdì 20 settembre 2013

Tiroide: cosa ne pensa il dott. Hamer

Chi è il Dott. Hamer e qual è la sua metodologia clinica? Perché secondo questo controverso medico tedesco ci si ammala? Ed ancora: cosa ne pensa il dottor Hamer della tiroide e delle malattie ad essa legate?


Nel corso dei millenni l’umanità è stata, più o meno consapevolmente, a conoscenza del fatto che tutte le malattie hanno, in ultima analisi, un’origine psicologica. Ma la medicina moderna sembra aver trasformato tutte le cose animate (essere umani inclusi) in contenitori pieni zeppi di mere formule chimiche. E’ questo, in estrema sintesi, il pensiero da cui muove il Dr. Ryke Geerd Hamer.

Immaginate una scienza basata sulla premessa che ogni malattia possa essere prevenuta e che non sia necessaria alcuna sostanza chimica quale trattamento per la cura. Questa scienza è stata chiamata la “German New Medicine“, la Nuova Medicina Tedesca e il suo fondatore è, appunto, il Dott. Hamer!

Tiroide: l’approccio del Dott. Hamer alla malattia

Un cattivo funzionamento della tiroide, secondo gli schemi e l’approccio di questo orientamento medico, sarebbe il risultato dell’azione dell’intelligenza biologica, intervenuta a rallentare il processo metabolico dell’organismo, di fronte a stimoli, stili e abitudini di vita che non si è in grado di gestire, e che si traducono quindi in un accumulo pericoloso, che può portare diversi problemi tra cui l’aumento di peso.

Stanchezza, tachicardia, affaticamento, sono alcuni dei sintomi tipici di un disturbo della tiroide: in quest’ottica, trasponendo la condizione emotiva a livello biologico, tali manifestazioni sono una chiara indicazione, un segnale lanciato dall’organismo affinché si rallenti il ritmo, si prenda atto della propria situazione e, soprattutto, si impari a gestirla in modo equilibrato e consapevole.

La Nuova Medicina propone un nuovo approccio al cancro alla tiroide, al fine di dimostrare alcune dei propri concetti di base. Il cancro della tiroide (di origine endodermica) è il risultato di uno stress indotto da un grave shock causato da un evento inaspettato che ha colto la persona di sorpresa.

L’evento può essere descritto in questi termini: “Devo agire in fretta“, “Non potrò mai gestire la situazione“, “Non riuscirò ad affrontare gli eventi“. Il risultato è un aumento della massa tiroidea per consentire una maggiore produzione di tiroxina, e permettere il miglior funzionamento della ghiandola tiroidea.

    Il conflitto biologico è ciò che genera la malattia: si tratta di qualcosa che innesca nel nostro sistema una risposta automatica e immediata, senza che ci sia il tempo necessario per una mediazione a livello cognitivo.

L’azione terapeutica della Nuova Medicina consiste principalmente nell’accompagnare il paziente, aiutandolo a trovare il conflitto biologico che ha causato la malattia, a mantenere la calma durante una fase di guarigione a volte molto difficile, e ad affrontare la realtà in modo diverso per evitare reazioni patologiche ogni volta che ciò è possibile. Senza dubbio tutto questo è difficile da accettare per chi ha sempre riposto massima fiducia nella medicina tradizionale.

Il Dott. Hamer e la Nuova Medicina

La perdita del figlio è stata per il dottor Hamer uno shock devastante. Poco dopo l’evento, gli fu diagnosticato un cancro ai testicoli. Muovendo dalla sua stessa storia e dalla consapevolezza della malattia, improvvisamente comparsa, Hamer decise di compiere delle ricerche sul vissuto personale dei malati di cancro.

Dopo aver esaminato migliaia di casi, si rese conto che la malattia (e quindi la sua comparsa) era strettamente correlata al verificarsi di un forte shock, di fronte al quale il soggetto si era trovato totalmente impreparato. La malattia si configurerebbe quindi come una particolare risposta biologica ad una situazione immediata e inaspettata, e che la persona vive con un senso di solitudine. Risolto e superato lo shock, il corpo avrebbe il potenziale e la capacità per tornare ad una condizione di normalità e, dunque, di buona salute.

Secondo la Nuova Medicina, le malattie sono basate su principi biologici universali e sull’interazione tra psiche, cervello e organo. Fondamentalmente, a seconda della situazione di shock, il cervello bersaglia una specifica area del corpo (principalmente un organo). E se l’individuo non risolve la situazione, la condizione può peggiorare significativamente.

Vi siete mai chiesti perché così tante donne soffrono di cancro al seno? O di problemi di tiroide? Ed ancora, perché ci sono così tanti bambini allergici?

La Nuova Medicina affronta il problema del cancro così come di altre malattie croniche, e fornisce una nuova base per comprendere come e perché la malattia insorge, spingendosi in in territori inarrivabili per la moderna medicina. Il libro del dottor  Hamer, “Sommario della Nuova Medicina”, mostra esattamente come i conflitti emotivi sfocino nella malattia fisica, come l’intero processo della malattia stessa possa essere inteso quale meccanismo di adattamento, e come, in ultima analisi, si possa guarire.

La prospettiva mente/corpo è quasi assente nel regno della medicina moderna, e, in quest’ottica, il contributo del dr. Hamer è eminentemente prezioso, al punto da scardinare e addirittura soverchia le vecchie convinzioni sino ad oggi accettate e ritenute valide. La Nuova Medicina ci mostra che i draconiani trattamenti medici di cui siamo oggi a conoscenza sono il più delle volte fuorvianti, inutili e persino dannosi.

Reprimere e indebolire il nostro corpo nel tempo non è la sola opzione possibile!

Stiamo assistendo all’inizio di una radicale trasformazione nella scienza medica, che demistifica la malattia e ci permette di compiere un viaggio nel regno della conoscenza reale, oltre la teoria e il dogma? La Nuova Medicina del dottor Hamer non deve essere comunque affrontata in modo leggero e superficiale: non basta semplicemente lasciare che le cose seguano il loro corso, senza alcuna forma di intervento. A questo, va altresì aggiunto un altro importante aspetto, ovvero quello dell’accanimento terapeutico e dell’eccesso di cure mediche.

Fonte: http://www.piuchepuoi.it/salute/tiroide-cosa-ne-pensa-il-dott-hamer/

giovedì 19 settembre 2013

Cannabis, “fumare le canne rende pigri”. Marijuana altera produzione di dopamina

Gli studiosi dell’Imperial college di Londra hanno analizzato il cervello di 40 persone, 20 consumatori abituali e 20 individui che invece non fumano. Nel primo gruppo sono stati rilevati anche sintomi e caratteristiche della "sindrome amotivazionale", ossia la mancanza di sensibilità verso gli stimoli esterni.

                           Di Daniele Guido Gessa
Stanchezza, apatia, talvolta – se c’è la predisposizione – persino schizofrenia. Ma ora la scienza dà un’altra colpa alla cannabis, quella di renderci pigri e svogliati. Secondo gli studiosi dell’Imperial college di Londra, uno degli istituti di ricerca più famosi al mondo, a pochi passi dal quartiere dei musei e dal rinomato museo della Scienza, la cosiddetta “erba” sarebbe responsabile della pigrizia e della svogliatezza dei consumatori abituali. Questo perché, sempre secondo gli studiosi, la marijuana altererebbe la produzione di dopamina nell’area del cervello responsabile per la motivazione, rendendo così chi ne fa uso insensibile a ogni stimolo. Alcuni ricercatori la definiscono “sindrome amotivazionale”, ma non vi è accordo fra gli scienziati sulla reale esistenza di questa condizione patologica. Ma ora il dottor Michael Bloomfield, che all’Imperial college ha guidato la ricerca, dice: “La dopamina è utile perché dice al cervello che qualcosa di interessante sta per accadere. Senza o con poca dopamina nulla ci interessa più, che sia sesso, divertimento o rock ‘n roll”.

I ricercatori dell’istituto – dove un master costa anche decine di migliaia di sterline e dove le selezioni all’ingresso sono rigidissime – hanno studiato il cervello di 40 persone, 20 consumatori abituali e 20 individui che invece non fumano le “canne”. E proprio nel primo gruppo di persone è stato riscontrato un livello molto anomalo di dopamina e sono stati anche rilevati anche sintomi e caratteristiche della sindrome amotivazionale. Che esista o meno, gli studiosi dell’Imperial College sono convinti comunque che la pigrizia dei consumatori abituali ha un motivo ben definibile, così come in passato è stata provata la relazione fra marijuana e certe forme di apatia. Secondo alcuni scienziati, inoltre, la cannabis sarebbe in grado di far esplodere episodi di schizofrenia in soggetti predisposti, ma anche su questo punto non tutti sono d’accordo. La mancanza di motivazione, comunque, sarebbe molto probabilmente legata al principio attivo della marijuana, che andrebbe a influire sul corpo striato del cervello.

“Una cosa, comunque, va detta – ha aggiunto Bloomfield – e cioè che abbiamo studiato consumatori di cannabis che avevano già presentato episodi psicotici”. Quindi, suggerisce il ricercatore, in futuro andrebbero indagati anche fumatori abituali apparentemente senza problemi mentali. I cervelli delle quaranta persone sono stati studiati tramite analisi PET, la tomografia a emissione di positroni – e nei consumatori il livello di dopamina era assai ridotto rispetto ai non fumatori. Ma c’è anche qualcosa di positivo: innanzi tutto, ha detto lo studioso, “gli effetti paiono reversibili. Basta smettere e la dopamina torna a livelli normali”. Inoltre, proprio l’analisi dei livelli della sostanza potrebbe consentire alla medicina di diagnosticare una eventuale dipendenza – altro punto molto dibattuto e spesso contestato. Una parte della scienza parla infatti di dipendenza, almeno psicologica, mentre una parte maggioritaria la esclude. Però Bloomfield avverte: “Questo studio dimostra chiaramente che la cannabis ha effetti sul cervello. Quindi, ogni consumatore potrà essere messo di fronte a una scelta consapevole”. Come a dire, sapete quello che fate. E se siete pigri, spesso non è certo colpa dello stress della vita moderna


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/05/cannabis-fumare-canne-rende-pigri-svogliati-apatici/645692/



mercoledì 18 settembre 2013

Imparare una lingua, ecco l'età giusta per farlo

Così l'apprendimento modifica la struttura del cervello
Ora che imparare una seconda lingua - meglio ancora una terza - viene considerato da tutti i genitori come una necessità fondamentale, a tutte le età, diventa importante capire qual è il momento più giusto per farlo. Se cioè bisogna fare in modo di cominciare prima possibile oppure vale la pena aspettare un po'. E se è proprio vero che, superata una certa soglia anagrafica, il cervello faccia fatica ad apprendere una lingua diversa da quella considerata "madre".

Lo studio

Da decenni gli studiosi lavorano sull'argomento. L'ultima ricerca in ordine di tempo è uno studio congiunto delle università McGill (Canada) e Oxford (Gran Bretagna), che è stato pubblicato sulla rivista scientifica "Brain and Language". Stando ai risultati dei questo l'avoro, imparare una lingua straniera lascia il segno sul cervello. L'apprendimento di un secondo idioma, infatti, ha effetti sulla struttura cerebrale ed è determinate l'età in cui i bambini imparano.
Con un apprendimento molto precoce, infatti, lo sviluppo dell'organo è normale e uniforme. Se invece avviene più tardi - nei piccoli che già dominano bene la propria lingua - la struttura cerebrale si modifica: vengono infatti stimolate la crescita dei neuroni e delle loro connessioni.

La funzione di stimolo

La ricerca, diretta da Denise Klein, ha coinvolto 66 persone (maschi e femmine) bilingue e 22 monolingue canadesi, sottoposti a risonanza magnetica con l'aiuto di un programma informatico.
I risultati indicano che lo sviluppo del cervello è simile se si apprendono una o due lingue dalla nascita. In chi comincia più tardi, invece, avviene una modificazione della corteccia frontale inferiore del cervello.Questi risultati, secondo gli autori, lasciano pensare che l'apprendimento di una seconda lingua dopo la prima infanzia stimoli una crescita neuronale. Un risultato comparabile, per quanto riguarda le abilità motorie complesse, alla pratica della giocoleria.
"Più l'acquisizione della seconda lingua avviene in ritardo durante l'infanzia - spiega Denise Klein - più i cambiamenti della corteccia frontale inferiore sono evidenti. Il nostro studio indica come l'età di apprendimento di una lingua sia cruciale".
Per gli scienziati, inoltre, anche le difficoltà di alcune individui ad apprendere da grandi una seconda lingua trovano una spiegazione nella struttura del cervello.


Fonte: http://www.staibene.it/psiche_e_sesso/articoli/single_news/article/imparare_una_lingua_ecco_leta_giusta_per_farlo/

venerdì 13 settembre 2013

Meravigliosi luoghi della Terra messi in pericolo dal turismo

A mettere a rischio tali splendori soprattutto l'eccessivo numero di turisti che vi fanno visita, la cattiva organizzazione e la scarsa sorveglianza

Ma andiamo a scoprire quali sono queste meraviglie in pericolo. Si tratta di otto luoghi. Il primo posto della classifica è occupato dal Wadi Rum, il deserto più esteso della Giordania(nella foto a sinistra); qui nel 1962 vi fu in parte girato il celebre film 'Lawrence d'Arabia'. Purtroppo questo luogo è messo in pericolo dalla cattiva organizzazione dei viaggi al suo interno e dalla mancanza di un'organizzazione preposta alla salvaguardia dell'ambiente.

Al secondo posto della classifica si trova il villaggio Yangshuo(foto a destra), nella provincia del Guangxi a sud della Cina. Qui ogni anno si recano oltre 3 milioni di visitatori. Tale mole di turisti crea inquinamento, per non parlare del fatto che molti abitanti del posto hanno venduto i propri locali a stranieri che ne hanno fatto negozi di souvenir.



Al terzo posto c'è Tulum, in Messico(foto in basso). Qui si trovano spiagge fantastiche che però nel corso degli anni hanno perso parte della loro bellezza a causa dei nuemrosi grandi alberghi che sono sorti nelle vicinanze.


Al quarto posto della classifica si trova il famoso sito neolitico di Stonehenge, in Inghilterra(foto in basso). Patrimonio dell'umanità dell'Unesco dal 1986, attorno a questo incredibile sito sono stati creati sottopassi in cemento, parcheggi e strade per rendere più agevole l'afflusso di turisti.


La classifica prosegue con il quinto posto occupato dal Machu Picchu, in Perù(foto a destra). Ogni giorno le rovine degli Inca sono visitate da 2.500 turisti, così per favorire l'accesso un paio di anni è stato costruito un ponte e una nuova strada. Bene per i visitatori, male per il luogo che con una mole maggiore di visitatori rischia di essere più facilmente danneggiato e inquinato.

Al sesto posto si trova la città di Jaisalmer, in India(foto a destra). Nel 2008 sono stati 300mila i turisti che hanno visitato questa città, tre volte tanto rispetto a dieci anni fa. Un numero così elevato di turisti è difficile da sostenere per la città indiana.
Al settimo posto della classifica c'è Timbuktu, nel Mali(foto in basso). Qui il problema predominante è rappresentato dal terrorismo e dai sequestri, tanto che nel novembre del 2009 il Foreign and Commonwealth Office ha inserito Timbuktu e gran parte del nord del Mali nella lista dei luoghi in cui non recarsi.


All'ultimo posto della classifica, l'ottavo, si trovano i 30 chilometri di spiaggia della Bay of Fires, in Australia(foto in basso). La celebre guida turistica Lonely Planet ha classificato questo località tra le migliori del 2009. Tanta pubblicità non aiuta però gli aborigeni del luogo che, invece, vogliono proteggere il territorio e gli antichi cimiteri al suo interno.



Rilanciare l'industria dell'auto: Auto ad aria compressa, una realtà.


Nel 2005 a L’Aquila fu presentato un progetto imprenditoriale che intendeva produrre un piccolo trattore per il trasporto merci con motore ad aria compressa. Il prototipo rivoluzionario è dell’ingegnere francese Guy Negre, progettista di motori per Formula 1, che nel 2001 presentò al Motorshow di Bologna una macchina rivoluzionaria: la Eolo, una vettura con motore ad aria compressa, costruita interamente in alluminio tubolare, fibra di canapa e resina, leggerissima ed ultraresistente. Capace di fare 100 Km con 0,77 euro, e di raggiungere una velocità di 110 Km/h, funzionando per più di 10 ore consecutive nell’uso urbano. Poi il progetto per varie ragioni ebbe un forte rallentamento. All’argomento Abruzzo24ore ha dedicato vari articoli.

Il prototipo dunque è realtà e presto sarà commercializzata finalmente l’auto ad aria:  costo 7000 euro e 100 km con 1 euro, alla faccia dei signori del petrolio e dei monopolisti delle pompe di benzina.

A seguire l’articolo pubblicato da Repubbica Motori il 07/06/2012 con intervista a Guy Negre:

AUTO AD ARIA COMPRESSA: DAL SOGNO ALLA REALTA.

"Tutto pronto: entro la metà del 2013 in collaborazione con TATA, nota fabbrica d'auto economiche indiana, sarà in vendita l’attesissima auto ad aria, una macchina che nel serbatoio ha solo aria compressa, il sogno di tutti in un periodo di caro-carburante.

La  Motor Development International (MDI), con sede in Lussemburgo, è infatti ormai a un passo dal lancio commerciale e in anteprima a Repubblica.it ha rilasciato tutte le informazioni di dettaglio sul suo progetto.

Niente più segreti quindi. Si sa che costerà appena 7000 euro e che il primo modello ad arrivare sarà una city car, seguito poi da una gamma infinita di modelli, dalla berlina da famiglia alla piccola, dalla vetturetta per 14enni al Bus, passando per il veicolo commerciale, il trattore e il container. Non manca nulla, perfino un motore da attaccare a casa ad una presa di corrente per usarlo come generatore in caso di emergenza.

Evidentemente l’accordo stretto con la Tata nel gennaio del 2007 ha dato i suoi frutti e  -  soprattutto  -  la spinta giusta per passare dalla teoria alla pratica. “La prima auto ad aria ad arrivare sarà l’AirPod e sarà omologata come quadriciclo leggero “grande”, quello per Cyril Negre, responsabile tecnico dell’auto ad aria della Mdi, il figlio di Guy Negre il fondatore della MDI – la sfida è lanciata”.
Guy Negre, Cyril Negre e l'AirPod.




16enni. Poi ci sarà anche una versione baby, per i 14enni, e quindi una macchina vera – spiega lo stesso

Quando parla di ‘lanciare’ a che mercato si riferisce?
“All’inizio l’AirPod sarà consegnata in Francia e daremo la precedenza a chi l’ha già ordinata, poi sarà la volta di tutti i Paesi europei. Ma il concetto di commercializzazione per noi è un po’ diverso: non avremo concessionarie, ma tante fabbriche”.

Cioè chi la produce la vende anche?
“Si, esatto, nessuna concessionaria, ma officine: produciamo là dove vendiamo. Con vantaggi infiniti, economici, sociali. Pensi solo al fatto che un costruttore normale deve farsi carico di una logistica enorme perché produce in un solo posto e poi è costretto a spedire in tutto il mondo. Noi no. Da noi chi produce vende. Non paghiamo commissione al concessionario perché è la stessa fabbrica che vende la macchina, e questo abbassa enormemente i costi”.

Si, ma dovrete avere diverse fabbriche, sparse per tutta Europa. E poi, scusi, perché prima parlava di vantaggi ‘sociali’?
“I nostri piani di sviluppo sono molto precisi. Pensiamo di aver bisogno di 25 piccole fabbriche in Francia e 20 in Italia. Abbiamo già diversi contatti con molte aziende interessate a produrre le MDI”.

E il ‘sociale’?
“Deve vedere il progetto da un’angolazione diversa, complessiva. Immagini di produrre un certo numero di auto in una sola officina o in 50 fabbriche sparse per tutta Europa. Nel secondo caso facciamo del bene perché serve il 30% di forza lavoro in più. Sembra uno svantaggio, ma è una grande vantaggio perché si entra nel tessuto sociale delle città, si dà forza alle famiglie. E poi non dimentichi che per fare ecologia, oggi, non  basta fare macchine pulite, ma è necessario fare macchine che costano poco. E che richiedono poca energia per essere prodotte. Proprio quello che facciamo noi. In più non trasportiamo macchine finite qua e là per l’Europa. Le produciamo in loco, questo riduce ulteriormente le emissioni (e i costi) del ciclo produttivo”.

Quante macchine riesce a produrre ogni officina?
“Circa 7000 macchine”.

Sta dicendo che solo in Italia volete produrre 140 mila pezzi l’anno?

“Si, alla fine è questo l’obiettivo. E sono stime prudenti perché quando la gente conoscerà il nostro prodotto ci sarà un vero boom della domanda. La macchina costa poco, ma soprattutto costa pochissimo da usare, meno di 1 euro per fare 100 km. E poi il nostro concetto produttivo avvicinerà il pubblico al prodotto. Questi numeri fanno impressione ma se li distribuisce su 20 fabbriche il discorso è diverso. Oggi nessuno si può svegliare e trasformare in costruttore. L’unica strada è quella di creare tante piccole officine. Distribuendo il know how, non macchine fatte, è tutto più facile e veloce”.

Le fabbriche saranno veri stabilimenti o solo fabbriche cacciavite? Ossia produrranno davvero o assembleranno solo pezzi che arrivano da fuori?
“No, saranno assolutamente fabbriche vere. Dove l”80 per cento della macchina viene prodotta in loco”.
Veniamo ai luoghi comuni. L’accusa più diffusa è che per comprimere l’aria serve un sacco di energia.
“Si, ma il discorso vale anche per l’auto elettrica dove l’immagazzinamento dell’energia costa tantissimo. In realtà se analizza il progetto completo, noterà che le nostre auto sono ultra economiche. Tenga presente che una bombola fa 20 mila cicli, pari a 2 milioni di chilometri, quindi dura più della macchina, e questo è molto importante perché ha un riflesso diretto sui costi. Molto spesso la gente dirà che non c’è energia nell’aria compressa. E’ vero, ce ne è poca. Ed è vero che per comprimere l’aria serve più energia che per caricare una batteria. Ma poi per funzionare un’auto ad aria brucia meno energia perché è leggerissima, per cui nel ciclo ‘dal pozzo alla ruota’ la tecnologia auto-ad aria è vincente”.

Torniamo alla macchina. Si può caricare in due minuti in una stazione di servizio specifica o in tre ore ad una normale presa di corrente. A bordo quindi c’è un compressore?
“No, è lo stesso motore che spinge la macchina che funziona anche da compressore: non c’è motore e compressore, ma c’è solo un elemento che fa tutto. E che – volendo – può anche funzionare come generatore di corrente per appartamenti. Noi lo chiamiamo motore/alternatore. Bello no?”
Forse troppo… A questo punto c’è una sola domanda possibile. Come si fa a comprarla?
“Basta andare sul nostro sito (www.mdi.lu) e aderire al sistema di pre-ordini. Tutto molto semplice”.

Ma avere una gamma pazzesca, tante officine diverse, non rischia di complicare tutto?
“No, affatto. Anzi, le officine sono simili, ma usano tecnologie differenti. Quando i numeri di vendita crescono cambia il modo di produrre”.

Qual è stata la cosa più complicata da realizzare?
“Il motore e la tecnologia. Poi una volta stabilito questo è stato tutto facile. Va detto però che per passare dalla vetturetta AirPod alla macchina grande (la AirOne) abbiamo dovuto mettere a punto un sistema che noi chiamiamo a doppia energia. Ossia fra la bombola e il motore c’è un piccolo motore benzina o diesel. Questo bruciatore (fuori dal motore ad aria) scalda l’aria prima del motore, quindi aumenta l’autonomia. La scalda a 600 gradi e non dà emissioni nocive, solo un po’ di CO2, ma consente di triplicare l’autonomia quindi 350 km circa con consumi ridicoli: mezzo litro per fare 100 km”.

Parliamo di potenze e prestazioni.
“La piccola AirPod ha 7 Kw, ma una coppia completamente piatta di 45 Nm e una velocità massima di 80 Km/h. L’AirOne invece ha un motore da 15 Kw e fa i 100 orari. Ma è una macchina molto più grossa, pesa 400 kg. E poi c’è l’AirCity – ancora più grande – che non è più un quadriciclo leggero ma una macchina vera, fa i 130 orari ed ha con 25 Kw di potenza”.

E’ vero che la tecnologia dei veicoli ad aria compressa è antica?
“Si, c’erano carrelli nelle miniere che funzionavano così già nel 1870 e i francesi a inizio secolo fecero anche un tram, poi però arrivò il motore a scoppio…”.
A proposito di motore a scoppio. Quelli fanno il pieno dai benzinai, in Italia ne abbiamo 20 mila. Le vostre stazioni di servizio invece?
“Sono tutte da fondare. Possono ricaricare una macchina in due minuti, ma non sono adatte ai privati, costerebbero troppo. Nel nostro progetto una stazione può rifornire fino a 85 macchine al giorno. Due minuti per riempire il serbatoio, poi il resto per pagare”.

Ma 85 pieni al giorno sono circa 100 euro, come fa a vivere un erede del vecchio benzinaio?

“Quel costo si riferisce a chi fa il pieno a casa, attaccandosi alla rete domestica di elettricità. Se si fa rifornimento in una stazione di servizio il costo è doppio, sono circa due euro. Sempre pochissimo, ma garantisce un buon margine di guadagno per il distributore perché noi li aiutiamo nella realizzazione dell’impianto. Una stazione di servizio normale, con compressori standard, costerebbe circa 130 mila euro, ma se invece si usano i nostri motori al posto dei compressori i costi si abbassano fino a 39 mila euro per stazione”.

Ovviamente serve qualcuno che arrivi alle stazioni…
“Si, se non ci sono macchine in giro non c’è business. E’ un sistema complesso, che va visto nell’insieme. Ed è questo che ha affascinato la Tata. Ha una visione globale”.

Quando si parla di bombole la gente ha sempre paura…

“Ha ragione, ma lavoriamo con livelli di efficienza altissima. Siamo allineati la pressione di gonfiaggio del gas naturale con la differenza che dentro le nostre bombole non c’è Gpl o Metano, ma aria… Gonfiata a 248 bar. La bombola poi è la stessa di quelle del metano”.

Quindi anche quelle vanno revisionate?

“Si, ogni 5 anni, vanno controllate per legge. Ma voglio essere chiaro: in questa macchina non c’è niente di strano, nel motore ci sono bielle e pistoni, mentre il circuito dell’aria è lo stesso delle auto a Gpl o metano. Per questo nel nostro progetto c’è anche la voglia di rimettere in moto i piccoli garage. Nel sistema vogliamo far tornare in vita le piccole officine che potranno fare la semplicissima manutenzione di cui hanno bisogno queste macchine che non inquinano, non sporcano, hanno un olio motore eterno, non hanno circuito dell’acqua, non c’è alta temperatura di funzionamento. E le macchine sono fatte di pochissimi pezzi. La carrozzeria ne ha solo tre. Ma non le ho parlato poi di altri vantaggi legati all’aria compressa”.
Ce ne sono già abbastanza…
“No: la temperatura del motore è al rovescio, cioé caldo fuori e freddo dentro, cioé meno 20 gradi dentro la camera ‘di combustione’ (nome improprio perché non brucia nulla, ma solo per capire il discorso). Per cui usiamo i ‘gas’ di scarico per raffreddare l’abitacolo, al posto del condizionatore. Ci sarà poi anche un piccolo baule per raffreddare le bibite. In più l’aria compressa  può essere usata per fare sicurezza, per gonfiare aribag esterni e salvare i pedoni. Abbiamo già dei prototipi funzionanti simili a quelli della Volvo”.

A proposito di pedoni, l’auto ad aria fa rumore?

“Si, più dell’auto elettrica, ma molto meno di un’auto normale. Ha un rumore diverso, perché deriva da una sequenza diversa. Al minimo non emette suoni perché il motore è fermo. Quando si accelera si sente uno sbuffo, un rumore indescrivibile, tutto suo, sembra quasi un motore a due tempi, ma con frequenze bassissime. Il motore poi alla velocità massima fa appena 1500 giri, quindi un ulteriore vantaggio”.

Si veda anche :

http://www.youtube.com/watch?v=Pcf-NWUEvYg

http://www.techmdi.com/rnd-eng.php


Fonte: http://resettiamoci-ora.blogspot.it/2013/04/rilanciare-lindustria-dellauto-auto-ad.html