mercoledì 24 aprile 2013

La chemioterapia può causare cambiamenti neurofisiologici

22/04/2013 - effetti collaterali
Molte donne avviate a un programma di chemio o radioterapia lamentano problemi di memoria o cognitivi, quando anche ansia e depressione. Foto: ©photoxpress.com/Stepanov
L’utilizzo di trattamenti chemioterapici o radioterapici nelle pazienti con cancro al seno può sortire effetti indesiderati come perdita di memoria, difficoltà di concentrazione e altri problemi cognitivi
lm&sdp
La chemioterapia a quanto pare non ha effetti solo sul cancro, ma anche a livello cerebrale, operando quale effetto collaterale delle modifiche a livello neurofiosologico.

Lo si è scoperto, in particolare, osservano che nelle donne con cancro al seno si mostrava perdita di memoria, difficoltà di concentrazione e altri problemi cognitivi, dopo un trattamento con chemio o radioterapia.
In prima battuta si è cercato di minimizzare, spesso imputando la causa a problemi psicosomatici, tuttavia il dibattito non si è spento e diversi ricercatori si sono dati da fare per far luce su questo fenomeno.

Uno di questi tentativi è lo studio condotto dai ricercatori del Jonsson Comprehensive Cancer Center dell’Università della California a Los Angeles (UCLA) e pubblicato online, prima della stampa, sulla rivista scientifica Journal of the National Cancer Institute.
La dottoressa Patricia Ganz, direttore del cancer prevention and control research, e colleghi UCLA, hanno dimostrato che vi è una correlazione significativa tra l’essere sottoposti a trattamenti chemioterapici e radioterapici e peggiori prestazioni neuropsicologiche nei test sulla memoria e le facoltà cognitive. Per cui è sempre meno probabile una spiegazione psicosomatica.

«Lo studio – spiega Ganz – è uno dei primi a dimostrare che le difficoltà cognitive riportate dalle pazienti, spesso definita come “chemio cerebrale” in coloro che hanno ricevuto la chemioterapia, possono essere associate alle prestazioni nei test neuropsicologici».

Lo studio ha visto il coinvolgimento di 189 pazienti con età media di 52 anni, affette da carcinoma della mammella, le quali hanno preso parte allo studio un mese circa dopo aver completato i loro trattamenti iniziali del cancro al seno, e prima di iniziare (nel 70 per cento dei casi) la terapia ormonale sostitutiva endocrina.
Delle pazienti, due terzi avevano subìto una chirurgia conservativa del seno; più della metà aveva ricevuto la chemioterapia, e tre quarti erano state sottoposte a radioterapia.
Un altro gruppo di donne sane di pari età è stato utilizzato quale parametro e controllo.

I ricercatori hanno proceduto con l’escludere possibili fattori confondenti, poiché ai disturbi cognitivi spesso sono stati associati sintomi di ansia e depressione. Per questo motivo, le donne che presentavano gravi sintomi depressivi sono state escluse.
Allo stesso modo, sono stati presi in considerazione il tipo di trattamento oncologico utilizzato, e se condizioni come la menopausa e i cambiamenti ormonali o no, avrebbero potuto influenzare il riportare problemi cognitivi.

Per tutte le partecipanti sono stati predisposti dei questionari in cui riportare i sintomi e le segnalazioni di problemi neurofisiologici e neuropsicologici. I dati acquisiti hanno permesso di determinare che le pazienti con cancro al seno avevano denunciato il maggior numero di problemi cognitivi in genere. Nello specifico, il 23,3 per cento ha lamentato problemi di memoria; il 19 per cento problemi cognitivi come difficoltà di concentrazione, problem-solving, ragionamento e così via.
In maniera significativa, le donne che erano state sottoposte a cicli di chemioterapia o radioterapia sono state quelle che avevano denunciato i più gravi problemi di memoria e cognitivi – mostrando anche altri sintomi come ansia e depressione. I test neuropsicologici condotti dai ricercatori in questo studio hanno mostrato per la prima volta una decisa correlazione con la denuncia di problemi cognitivi: non a caso le lamentele corrispondevano poi a peggiori risultati nei test.

«In passato, molti ricercatori hanno affermato che non si poteva contare sulle denunce da parte dei pazienti o sul fatto che fossero depressi, perché gli studi precedenti non hanno potuto trovare questa associazione tra test neuropsicologici e le denunce su problemi cognitivi – ha sottolineato Ganz – In questo studio, siamo stati in grado di osservare i componenti specifici dei disturbi cognitivi e riscontrare che sono stati associati con le più importanti anomalie neuropsicologiche nei test di funzionalità».
I disturbi cognitivi non sarebbero dunque frutto della “fantasia” delle pazienti, ma un dato reale di cui si dovrà tenere conto quando queste siano avviate a un programma di trattamento chemio o radioterapico.

Fonte: www.lastampa.it

Nessun commento:

Posta un commento

Non si accettano offese parolacce o bestemmie. Rispetto e civiltà sono ben accetti. Gli autori non vogliono sostituirsi alla figura medica e non si accettano richieste di cura. Non è possibile in questa sede rispondere a domande riguardo malattie personali ma, solo in linea generale, a scopo informativo e divulgativo.